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14 maggio - Siparietto XXI R.N.T.S. Serra San Quirico

GATTI

E’ una notte di luna piena; per i componenti di una compagnia teatrale è l’occasione per riunirsi, dopo aver cercato di farsi strada nel difficile mondo dello spettacolo da soli, per costruire entro l’alba un nuovo spettacolo con il quale dare una svolta alla loro vita lavorativa. All’improvviso la scena è invasa da felini agili e misteriosi che, aspettando sotto il plenilunio, guidano il pubblico verso la conoscenza del mistero dei tre nomi che ogni gatto possiede: quello comune da usare tutti i giorni, uno che li caratterizza di più e il terzo, il nome unico e ineffabile che è custodito gelosamente dall’insospettabile compagno che trascorre con noi la sua sonnacchiosa seconda vita domestica.
Trovato! Ecco chi saranno i protagonisti del nuovo spettacolo: una tribù di gatti dalla vita tempestosa (i Jellicle) che si riuniscono una volta l’anno per danzare sotto la luna in un rito che deciderà quale tra loro riceverà un’altra vita dal loro vecchio capo Deuteronomio.
Durante la lunga notte della “Scelta, i misteriosi felini si raccontano, tra canti e danze, facendoci partecipi dei loro sogni e malinconie: c’è il gatto ferroviere che nella stazione si occupa dai topi alla carrozza bagagli, il gatto attore (Gus)che è nostalgicamente legato ai suoi trionfi teatrali, la gatta Grizabella, femmina malandata un tempo affascinante e desiderata, i due giovani gatti imprendibili ladri, il gatto buongustaio che ama la bella vita.
Tutto si compie, non senza qualche intoppo; è l’alba e il Vecchio Deuteronomio decreta che ad avere una seconda possibilità per riscattare i propri errori sarà la gatta Grizabella (e anche l’ingaggio della scapestrata compagnia, è salvo).
Lo spettacolo portato in scena ieri sera dalle ragazze dell’Istituto Superiore “Manzoni” di Varese è un riadattamento del celebre musical di A.L.Webber, “Cats”, dal quale hanno preso alcuni brani originali, mentre per il resto il coro e le gatte soliste sono state accompagnate dal vivo da una piccola orchestra di loro compagne e compagni sistemati sotto il palco (con tanto di maestro!)
In un susseguirsi di balletti e passeggiate in mezzo al pubblico, la messa in scena ha privilegiato (come in un musical accade) la ricerca sulla danza e il cantato (completamente in inglese).
Un coinvolgimento più marginale per chi ha brevemente recitato o accompagnato musicalmente le 60 e più ragazze graffianti; la rappresentazione non è riuscita a mantenere viva, a tratti, l’attenzione dell’eterogeneo pubblico presente in sala.
Simonetta Sbarbati

CENERENTOLA… LA GATTA

I ragazzi e le insegnanti del Polo Superiore ”Donati” di Fossombrone (PU) hanno rappresentato uno spettacolo alla maniera della tradizione popolare partenopea con melodie, stile e modi d’essere dolci e amari tipicamente napoletani.
La storia è quella di Rospacenere (Cenerentola), ragazza sfruttata e capo espiatorio di una matrigna arrivista che vorrebbe vedere sua figlia sposata con il Principe; una sera si tiene un ballo a corte e, acconciate per la grande occasione, le due donne vanno convinte di poter incantare il Principe.
Rospacenere è triste, vorrebbe andare al ballo; solo con l’aiuto di un frate (gli svela che la pianta da dattero che le ha regalato il padre è magica e può vestirla con l’abito che lei desidera) riuscirà a trasformarsi in una bellissima principessa e andare a corte. Quando il principe la vede se ne innamora subito.
A mezzanotte la ragazza deve però tornarsene a casa perché l’incantesimo svanisce, tornando ad essere una sguattera come tante che, come i gatti, ama stare al caldo vicino alla cenere. Il Principe vorrebbe rincontrarla ma l’unica cosa che possiede della ragazza è la sua scarpa; decide così di mandare dei soldati per il paese a cercarla.
La matrigna con la figlia da una parte, le lavandaie dall’altra, discutono animatamente su chi debba provare la scarpa, solo le parole di una zingara sveleranno il mistero: la proprietaria della scarpa è Rospacenere.
Tutto è bene quel che finisce bene, la sguattera Rospacenere diventerà principessa. La matrigna con la figlia e tutte le altre persone continueranno a fare la solita vita, ridere, scherzare e giocare al lotto.
Lo spettacolo è stato brillante e coinvolgente, il pubblico si è divertito. Il testo è apparso forse un po’ troppo lungo e articolato, creando sbalzi di ritmo; figura in evidenza quella della matrigna (interpretata da una professoressa) che ha trainato e guidato il gruppo.
Ethel Margutti

CHE VITA DA GATTI

Un’altra versione del musical di Andrew Lloyd Webber Cats, questa mattina al teatro-palestra di Serra San Quirico, portato in scena dagli studenti della Scuola Media e Superiore dell’Istituzione Scolastica della Comunità Montana “Monte Cervino 1” di Chatillon (AO).
Nello spettacolo, scritto da alunni ed insegnanti, si pone l’accento sui diversi tipi di gatto che popolano la storia. Una galleria di felini che si riuniscono una volta l’anno per decidere chi di loro si è meritato una nuova vita, la possibilità di ricominciare. Uno dopo l’altro i gatti Jellicle (che non ha traduzione, perché la miglior parola per spiegare il termine Jellicle è…Jellicle!) si presentano al pubblico.
Tra danze e canzoni, inizia Jennifer, la dormigliona, che trova sempre un posto dove sdraiarsi beata. Segue Rum Tum Tugger, che sta sempre dalla parte sbagliata delle cose: se gli dai un coniglio, lui vuole un’anatra; se gli dici di entrare, lui esce.
Quando arriva Grizabella pochi la riconoscono: lei una volta era una star, addirittura la prima ballerina dell’Opera di Parigi. Ma ora è vecchia e spelacchiata. Derisa da tutti.
Bustopher Jones è invece il ciccione bombardone della compagnia. Il gatto più importante della città, sempre elegante e gran mangione. Tutto il contrario di Mungojerry e Rumpleteazer, pestiferi ladruncoli con un vero talento per mettersi nei guai.
Gus, diminutivo del più complicato Asparagus, invece è una vecchia stella del teatro, ormai decaduta e dedita al bere. È il turno del gatto-ferroviere, Skimbleshanks, subito seguito dal cattivo di turno: Macavity, inafferrabile genio del delinquere.
E chi è quel gatto nero e silenzioso che si aggira per il palcoscenico? Ma è Mr.Mistoffeles, il ‘gatto prodigio’, dotato di incredibili poteri magici.
Al termine delle presentazioni (il finale è diverso da quello dell’originale Cats), spetterà al vecchio Deuteronomy, saggio e rispettato da tutti, l’arduo onere della scelta. Ma ecco che, tra il furore generale, si scopre che tutti i gatti riceveranno in dono un’altra vita…perché ogni gatto ha la sua particolarità e dignità (non come quei clown bonaccioni dei cani) e per questo va rispettato ed il suo affetto conquistato.
Con l’ausilio delle musiche originali (evitando dunque di cantare i brani), i ragazzi di Chatillon hanno ballato e recitato la loro versione del musical di Webber con grande impegno, seppur non coinvolgendo completamente il pubblico.
Simone Sbarbati

CHE COS’E' IL TEATRO DELLA SCUOLA?

Difficile darne una definizione precisa, il Teatro della Scuola è… è… che cos’è?!??
Rullo di tamburi… Oggi è:

72. Una fonte di ispirazione
73. Una favola
74. Come un sorso di acqua fresca
75. Il comprendere la compagnia
76. In fondo anche la scuola è una maschera
77. Il teatro fatto a scuola
78. Un’isola deserta sulla quale porti chi vuoi
79. Un gioco con regole che danno libertà
80. Una volta provato, non vorresti smettere più
81. Una sensazione calda che ti fa venire in mente ricordi che forse non sono neanche i tuoi
82. Un manifesto con il mio nome sopra
83. Condividere un sogno con persone diverse e distanti dalla mia realtà

POSTA

Grazie di tutto, vi inviamo questi testi che raccontano come abbiamo vissuto la nostra esperienza a Serra.
Le insegnanti.

IL TEATRO PALESTRA
Siamo arrivati a Teatro ed è molto diverso da quello che ci aspettavamo. Infatti è una palestra, ma ci sono i camerini, le gradinate, la sala regia, la platea, il palco con il sipario, le quinte ed i faretti.
È molto grande il palco e lì sopra ci si muove davvero bene così fare le prove è bello, non sbattiamo insieme e nessuno rimane nascosto da un altro come succedeva nel nostro corridoio. Ora dobbiamo cercare di dividerci meglio lo spazio, ma mi sembra che lo facciamo abbastanza bene.

IL GIORNO DOPO
Sabato 10 Maggio, a mezzanotte, io e la mia classe siamo tornati ognuno alle proprie case dopo il ritorno dalla Rassegna, ma il mio papà non aveva nessuna intenzione di mandarmi a dormire infatti voleva sapere tutto dopo tre giorni che non mi vedeva!
Com’è andata? Com’è venuto lo spettacolo? Ti ha fatto male il pullman? Cosa avete fatto sul pullman per passare tutto quel tempo? Com’era l’albergo? Dormivi con mamma? insomma, tutti sanno che il mio papà è curioso più di me però non credevo così tanto! Finalmente mi sono messa il mio pigiama, ho sgattaiolato sotto le coperte e subito, subitissimo, senza nemmeno far passare un minuto mi sono addormentata.
La mattina dopo, appena sveglia, ho fatto colazione ,ma le domande di papà non erano ancora finite: si mangiava bene all’albergo? La tua camera era bella? Com’era il teatro? Cosa hai comprato? Cosa hai visto di bello?
Queste domande me le faceva tutte di seguito e io continuavo a chiedermi: “Ma se le è studiate l’altra notte, tutte queste domande?”

VIAGGIO A SERRA SAN QUIRICO
Finalmente ci siamo! È arrivato il giorno della partenza per Serra San Quirico… Sul pullman per tutto il viaggio c’è solo tantissima allegria: chi canta al microfono, chi racconta barzellette, chi vuole giocare a tombola, chi ride, chi prganizza scherzi, chi ascolta musica, chi fa su e giù per il pullman, chi guarda il paesaggio.
Ma quando si tirerà a sorte per sapere chi dormirà assieme?… non vediamo l’ora di saperlo per immaginare le serate nelle nostre camere!


È andata bene, per fortuna siamo finite proprio insieme, io, Blenda, Agnese e, come accompagnatrice, Alessia “grande”.
A Serra San Quirico ci accolgono i ragazzi dello Staff e con loro facciamo il salotto della accoglienza raccontando da dove proveniamo e parlando del nostro lavoro.
Verso sera arriviamo in albergo a Genga e lì, tutti insieme è una festa!
Venerdì mattina siamo pronti prestissimo arriviamo nel teatro in anticipo e poi… via con lo spettacolo!
Entro in scena e il sipario rosso si apre: mamma mia quante persone! Dopo un minuto, Greta sveglia me e tutti gli altri giocattoli ed io comincio a ballare e così fino alla fine.
Dopo il nostro spettacolo assistiamo ad un altro “Pinocchio” e alla fine i due protagonisti si incontrano; addirittura nel pomeriggio, si ritrovano nella piazza di Serra e insieme facciamo una bella foto di gruppo.
Nel pomeriggio andiamo alle Grotte di Frasassi: tra stalattiti e colonne è uno spettacolo indimenticabile, e poi un’altra serata tutti insieme.
Il giorno dopo ancora il salotto, laboratori, spettacoli, ed infine, purtroppo, la partenza; verso sera ci ritroviamo con i genitori che hanno fatto i turisti per tutta la giornata, visitiamo il castello di S. Leo e poi via… a casa!

IL NOSTRO SPETTACOLO
Il 9 Maggio abbiamo rappresentato “il paese dei balocchi” in un teatro palestra a Serra San Quirico per la XXI Rassegna nazionale del Teatro.
Quando siamo entrati nei camerini, ci siamo trovati una marea di costumi, di oggetti e di persone. Con un po’ di aiuto finalmente siamo pronti.
Aurelia ci ha detto di metterci in fila per la prima scena e mentre il presentatore Rolando presentava il nostro spettacolo, noi della prima e seconda scena ci si metteva in posa dietro alla tenda rossa. Nell’atmosfera magica dello spettacolo, la gente ci applaudiva entusiasta e stupita per l’esibizione.
Il nostro spettacolo rappresenta “il paese dei balocchi” con Pinocchio e la bambina.
Finito lo spettacolo, Rolando ci ha consegnato il diploma con le matite e ad un certo punto si è intromessa la vocina di Ernestina, la moglie di Eugenio.
Mentre ci consegnava il diploma abbiamo visto in platea l sindaco Marco Remaschi, l’assessore alla cultura e alla scuola a il vigile Meconi che erano venuti lì proprio per vedere noi!

Gli alunni delle classi IVA e IVB della scuola elementare di Ghivazzano

LABORATORIO

Ieri pomeriggio alcune ragazze dell’Istituto Superiore “Manzoni” di Varese (andate in scena ieri sera con Gatti) hanno lavorato nell'assolato stanzone dell'ostello S.Lucia.
Non sono riuscita a memorizzare i loro nomi, ma quello sicuramente mi resterà di loro, saranno le emozioni vissute e le belle parole che vorrei condividere con voi tutti. Grazie della collaborazione.
Valentina [operatrice ATG]

Monologo dei sentimenti d’amore
Mi sto angosciando perché non so cosa dire, ma soprattutto non so se quello che vi dirò può andare bene.
Sentimenti d’amore… molte persone sottovalutano i sentimenti, pensano che dimostrare ad un’altra persona il proprio affetto sia una cosa da vili, un atto da non fare perché si scoprono, si fanno vedere per quello che sono realmente e molti hanno paura di questo e allora costruiscono muri, barriere, fanno i duri non donando affetto agli altri. E invece è la cosa più bella di questo mondo far sentire il proprio calore ad un amico perché nel momento in cui lo dai ne riceverai il doppio.
I sentimenti che si provano sono vari, diversi, ogni volta si scoprono cose nuove ed è questa la particolarità. Ogni attimo è speciale e non è giusto passarlo ad angosciarsi, ad avere rimpianti o rimorsi.
Abbiate il coraggio di aprire il vostro cuore e di far capire ciò che provate realmente per gli altri.


Dialogo tra il rimpianto e il rimorso
Rimorso: che differenza c’è tra te e me?
Rimpianto: il rimpianto è per qualcosa che non si è fatto ma si voleva fare, il rimorso è per qualcosa che si è fatto e di cui ci si pente. Come ci si sente ad essere rimorso ?
Rimorso: male, troppe volte sono entrato in gioco. Perché non vivere attimo per attimo ? Perché pentirsi?
Rimpianto: anch’io troppe volte ho causato sofferenza. Se si vuole una cosa perché non farla ? Perché lasciar passare troppo tempo e farla in questo modo svanire ?
Rimorso: forse perché l’uomo è troppo governato dalla ragione o forse perché ha paura di qualcosa o qualcuno.
Rimpianto: a volte però l’uomo dovrebbe guardare nel proprio cuore e ascoltare la sua voce. Quello che essa dice è la verità, quello che la sua anima vuole sul serio fare.
Rimorso: verità…forse è una delle cause che ci fa subentrare. Vorrei non esistere più.
Rimpianto: purtroppo sappiamo entrambe che esisteremo per molto tempo ancora, cioè fino a quando l’uomo non riuscirà a vivere la sua vita in piena armonia e tranquillità senza porsi problemi inutili.


Dialogo tra libertà e la finestra aperta
F: libertà, io che sto immobile aspettando, guardando non so cosa sei. Raccontati.
L: quando sei con me non ti devi preoccupare di nulla, puoi essere te stesso senza preoccuparti dei giudizi di chi ti sta attorno.
F: ma la mia condizione che da una parte mi permette di guardare, dall’altra mi ostacola. Mi sento come un bambino che, piccolo e inesperto, non agisce e il giudizio degli altri mi scorre attraverso inevitabilmente. Tu invece sai librarti nell’aria. Ti invidio, sai.
L: la libertà la puoi trovare dentro te stessa.
F: in che modo ?
L: imparando ad esprimere i tuoi sentimenti.


Dialogo tra il viaggio e i compagni di viaggio
C: ogni volta è come se fosse la prima volta con te…non finisci mai di stupirmi. Ma come fai?
V: non per niente mi chiamo viaggio. Io vivo senza legami. Non ho radici.
C: lo sappiamo ma la tua grandezza sta nel dare peso al tempo che trascorriamo assieme.
V: la mia grandezza sta nell’avvicinare popoli inavvicinabili, anime intoccabili e donare emozioni al cuore più impenetrabile.
C: grazie a te tutto è cambiato e ora sappiamo che anche se ci porterai incontro a mete diverse rimarremo sempre compagni di viaggio, di quel viaggio che si chiama vita.


Dialogo tra occhi e sole
O: Ciao Sole, nonostante io sia lo specchio dell’anima non riesco a guardarti in faccia, eppure sei così bello.
S: non puoi guardarmi ma puoi sentirmi. Se non ci sono hai freddo?
O: grazie alla tua luce io posso farmi vedere. Se non ci fossi sarei nulla.
G: la luce che ti do ti rinnova e questo basta per vederti.
O: grazie a te esiste la vita che io rappresento.
S: tu sei la vita e io ho visto anche morte.
O: sì, ho deciso di lasciare alcune immagini di occhi perché l’anima era troppo pesante.
S: ho deciso di guardare sempre, di controllare sempre e di rassicurarmi sempre che tutto continui.
O: solo tu puoi rendere leggera l’anima e io trasmetto questa leggerezza a te.
S: io sento ogni giorno un po’ di leggerezza in più


Dialogo tra la rinascita e la danza
D: Che fai rinascere?
R: La rinascita libera gli oppressi. Coloro che sono schiavi di sé stessi o delle proprie paranoie, dei propri simili, delle proprie frustrazioni. Sono colei che dona vera vita.
D: Io voglio far rinascere le persone, danzare vuol dire essere liberi, completamente, vuole dire non dover pensare ma lasciarsi trasportare, leggeri. Vuol dire far movimenti sinuosi, lasciarsi andare alla musica, una melodia con gli occhi chiusi e dare libertà all’immaginazione.
R: La rinascita è estremamente legata alla danza. Quando si rinasce ci si sente in pace con sé stessi liberi e la danza è l’espressione perfetta di questo nudo sentimento. Muoversi, ondeggiare, innalzarsi.
D: In fondo non credo esista una rinascita definitiva, dobbiamo nascere ogni giorno…
R: Io ci sono ogni volta che è arrivato il momento del declino. Quando il buio è tale da far esplodere l’animo io ricolmo di nuova vita.
D: E in effetti chiunque può danzare ovunque anche senza melodia, in ogni momento della nostra vita possiamo danzare, possiamo essere veramente liberi, possiamo immaginare, i profumi, i luoghi, le persone, i suoni, possiamo volteggiare leggeri, possiamo rinascere.


Monologo del tutto che va via
Tutto va via; mi scivola addosso…mi sento spesso solo e non capisco le persone, le cose, non le capisco perché…non lo so il perché eppure…passa tutto, una sensazione, la gioia di un momento, la felicità. Posso e non capisco il perché, posso e non vorrei che fosse così. Posso solo cercare di aggrapparmi a un ricordo sperando che non passerà, che non vada via anche questo lasciandomi solo!!!…tutto va via e anche volendo non si può cambiare le cose!!